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“Stanotte guardiamo le stelle”: un bambino sulle rotte dei migranti

La storia di Alì Ehsani, fuggito da Kabul verso l’Europa a soli otto anni, un dramma crudo, brutale, non per tutti. Ecco la recensione di “Stanotte guardiamo le stelle”

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Chi parla degli emigrati usa spesso la parola “disperati”, ma quello che invece penso oggi, a Roma, nella mia vita italiana, è che non c’è niente di più simile alla speranza nel decidere di emigrare: speranza di arrivare da qualche parte migliore, speranza di farcela, di sopravvivere, di tenere duro, speranza di un lieto fine come al cinema.

Drammatica, incredibile, feroce, la storia di Alì Ehsani, profugo afghano arrivato in Italia nel 2003, è degna della migliore letteratura strappalacrime dickensiana. In “Stanotte guardiamo le stelle“, scritto a quattro mani con Francesco Casolo e pubblicato da Feltrinelli, il protagonista racconta la sua lunghissima fuga da Kabul verso l’Europa, attraverso Pakistan, Iran, Turchia e Grecia.

Già sentito? Forse. Se non fosse che Alì nasce nel 1989* e che la sua migrazione comincia nel ’97, quando ha appena otto anni. È un giorno qualunque nella (non comune) vita di un bambino cresciuto in guerra, quello in cui Alì, rientrando da scuola, scopre che la sua casa non c’è più: della sua famiglia non rimangono che macerie. Alì è troppo assuefatto alle bombe per accorgersi che la sua vita è appena collassata; è troppo piccolo per capire la morte, la perdita di un genitore.

Prima ancora di riconoscere il dramma che ha davanti agli occhi, Alì è catapultato sulle rotte dei contrabbandieri, direzione Italia. A fargli da guida è Mohammed, il fratello di poco più grande, improvvisamente diventato un secondo padre.

«Siamo dei poveracci, dei clandestini, senza diritti, senza niente. (…) Dobbiamo andare in Europa, avere dei documenti, trovare un lavoro… e poi ci rispetteranno, vedrai».

A dispetto delle poche persone amiche incontrate lungo il percorso, il mondo non mostra pietà per i due orfani. Anzi, poiché appartengono a una minoranza perseguitata dai talebani, sono facili prede di sfruttatori di ogni tipo. Succede così che, mentre io e i miei compagni lottavamo con i problemi di seconda elementare, il nostro coetaneo Alì veniva legato sul tetto di un furgone, per poter valicare nottetempo il confine con il Pakistan. Quando la mia più grande preoccupazione era accaparrarmi un altro dolcino nel vassoio della domenica, Alì viveva rinchiuso in una stanza segreta in Iran, nascosto in attesa del prossimo passeur.

La lunga marcia dei fratelli Ehsani è costellata di episodi brutali; l’unica fortuna di Alì è quella di essere troppo piccolo per capire totalmente, per arrabbiarsi e soffrire come un adulto – sorte che invece tocca a Mohammed. Quello che il piccolo Alì prova intensamente, nonostante l’età, è la nostalgia per la sua Kabul, distrutta dalla guerra, eppure familiare.

Quella che chiamavamo scuola altro non era che uno spiazzo accanto alle macerie della vera scuola con dei tronchi d’albero appoggiati a terra in modo che i bambini si potessero sedere. Le sedie vere erano state distrutte nei bombardamenti. (…) Nonostante dovessero tenere un kalashnikov vicino ai piedi, i maestri erano tutti bravi, gente preparata che ci insegnava la matematica, la lingua darì, la grammatica persiana, come in una scuola normale, ma dovevano essere armati in un paese in cui molti bambini possedevano una pistola. Ogni tanto capitava che nell’intervallo un ragazzo più grande si mettesse a sparare in aria con il fucile e allora gli insegnanti di solito gli puntavano il kalashnikov per farlo smettere.

Al confronto con questo, essere clandestini e senza diritti, vendere borse al mercato, poter girovagare in un centro commerciale sembra un sogno. Ed è con lo stupore affascinato dei sogni che Alì attraversa Teheran e Istanbul, dove scopre una libertà e una pace mai sperimentate prima. Eppure non ci si può fermare: ciò che ora sembra abbastanza (prendere un autobus, ciondolare per la città, dividere un kebab) non può bastare per tutta la vita. Bisogna puntare all’Europa, quella vera: non la Grecia, a distanza di canotto, ma l’Italia, con un “passaggio” sul fondo di un camion.

Quello che si respira, leggendo queste pagine crude, è il senso di una profonda ingiustizia nei confronti di due essere indifesi; una violenza fisica e morale, in ogni caso gratuita, così forte che a tratti si stenta a credere che si tratti di una storia vera. E non ci consola pensare che sì, magari qualche aggiustamento c’è, prendi un episodio di Alì e Mohammed e lo incolli a quello di un altro profugo. Non ci consola perché non importa a chi sia successo; importa che sia accaduto.

  • Titolo: Stanotte guardiamo le stelle
  • Autore: Alì Ehsani con Francesco Casolo
  • Genere: Biografico (pp. 263)
  • Casa editrice: Feltrinelli editore
  • Anno di pubblicazione: 2016

*Appena un anno prima di chi scrive: l’immedesimazione è inevitabile

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