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“Il treno per Istanbul”: la fiera delle opportunità su rotaie

treno per istanbul copertina greene

Il treno per Istanbul (1932), romanzo che ha consegnato Graham Greene alla fama, si svolge quasi interamente sul treno veloce che collega il Belgio e la Turchia; Greene ne descrive ogni vagone, dalla lussuosa carrozza ristorante agli scomparti affollati di seconda classe. Lungo un percorso di quasi tremila chilometri che tocca Colonia, Vienna e Budapest, il convoglio raccoglie individui di diversa specie e fortuna.

I personaggi

Coral Musker è una ballerinetta inglese di varietà, diretta a Istanbul per unirsi a una compagnia di ballo; il dottor Czinner, sotto mentite spoglie, punta a raggiungere Belgrado, dove intende animare una rivolta di piazza; e poi c’è Mabel Warren, giornalista intossicata dal gin, che si lancia sul treno fiutando lo scoop e «un aumento di quattro sterline a settimana». Ancora, Mr. Savory è uno scrittore da centomila copie a cui, però, è rimasta appiccicata l’etichetta delle sue misere origini; a bordo troviamo anche Carleton Myatt, magnate ebreo dell’uvetta, in viaggio per affari.

Intorno a loro gravita tutta una serie di personaggi secondari, eppure essenziali alla trama: come i coniugi irlandesi, simbolo di una povertà invidiosa e inetta; il delinquente Grünlich – molto più di un topo d’appartamento, un criminale senza scrupoli – e l’affascinante Janet Pardoe, di professione mantenuta.

La presenza di tante nature nell’ambiente ristretto del treno si presta a favorire incontri di ogni tipo: tra litigi e conoscenze accidentali, le vecchie coppie si dividono e si intravede la scintilla di nuove relazioni. Tuttavia il tempo del viaggio è un tempo sospeso, irreale. Nei convogli si svolge una fiera di opportunità altrimenti irraggiungibili per i personaggi, e per un attimo sembra davvero che l’impensabile stia accadendo.

Un tempo sospeso

La vita vera scorre fuori dai binari, nei finestroni a cui più volte i personaggi guardano come rapiti: campagne, persone, città, situazioni si animano a velocità doppia in quegli schermi di vetro. Ciò che accade sul treno per Istanbul non è la realtà; è ciò che può avvenire solo quando si è in vacanza dalla vita. Un divertimento – come recita il sottotitolo dell’opera – che, come tutti i passatempi, ha un inizio e una fine.

Tra le pareti di vetro era inutile provare emozioni, inutile tentare una qualsiasi attività, tranne quella mentale, che poteva essere svolta senza timori di interruzioni. Nel mentre, il mondo si accaniva su Eckman e Stein, arrivavano telegrammi, uomini si mettevano a parlare interrompendo il filo dei loro pensieri, donne offrivano cene. Ma nel rimbombare del treno in corsa, il rumore era così regolare da equivalere al silenzio, il movimento era così continuo che dopo un po’ di tempo la mente lo accettava come immobilità.

Sul treno per Istanbul, allora, una ballerina può sognare di diventare una signora; un anziano può illudersi di tornare al vigore rivoluzionario della sua gioventù; una pennivendola di scarse qualità può sperare di espugnare la prima pagina, e un mercante ebreo può vaneggiare di spogliarsi del marchio dell’avarizia per diventare «un anfitrione principesco, disposto a lavare i piedi ai mendicanti e a sfamarli dal proprio piatto». Ma sono solo sogni.

Soltanto fuori dal treno era possibile la violenza dell’azione.

Impossibile dire che i personaggi di Graham Greene abbiano, alla fine, il destino che si meritano: trarre un giudizio dalle parole dello scrittore sarebbe una forzatura. Semplicemente i suoi caratteri procedono, senza possibilità di scampo, lungo i binari della loro vita. Ognuno di loro parte alla ricerca di qualcosa (la soddisfazione, la ricchezza, la fama, il potere, la giustizia) per approdare inevitabilmente al proprio essere, alla propria condizione.

Una scrittura a più livelli

A livello di stile, il romanzo risente di una spiacevole tendenza alla lungaggine ed è appesantito da taluni momenti di riflessione (soprattutto nel personaggio di Czinner) francamente lenti e incomprensibili. Del tutto inaspettato, ma godibile, il capitolo ambientato nella carrozza ristorante, che inanella spezzoni di conversazioni senza lasciare spazio a descrizioni. La scrittura di Greene, che alterna brusche accelerate a pause quasi stagnanti, sembra pensata per assecondare l’andamento del suo treno, che a volte procede spedito, più spesso è impantanato nella neve.

L’amara crudezza del finale (o dei finali?) offre una ricompensa parziale al paziente lettore; ciò che accade quando si scende dal treno è talmente inaspettato da risultare violento; proprio come un brusco risveglio dopo il torpore del viaggio.

  • Titolo: Il treno per Istanbul (Stamboul Train)
  • Autore: Graham Greene
  • Genere: Romanzo (364 pp.)
  • Filone: Narrativa inglese
  • Traduzione: Alessandro Carrera
  • Casa editrice: Sellerio
  •  Anno di pubblicazione: 2019 (1932)

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