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Tempo da elfi? Direi tempo sprecato

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Misuro l’impatto che un libro ha su di me attraverso vari indici: il potere dell’attacco e del finale; il tempo della giornata (e della notte) che ho voluto dedicargli; la capacità di tenermi avvinta oltre i primi capitoli; i post-it che lo colorano a fine lettura. Ogni bigliettino ha il suo significato: può essere un passaggio rilevante della trama, una frase efficace nel descrivere una sensazione in modo plastico; oppure una riflessione che porto con me, di quelle che richiedono uno stop alla lettura. Ognuno dei pezzetti di carta fluo che rendono più pacchiano e mio il libro segna un momento di entusiasmo. Guardando la mia copia di Tempo da elfi, ultima prova di scrittura del duo Guccini-Macchiavelli, mi ha colpito proprio la sua pulizia, la totale mancanza di post-it. Decisamente non un buon segno. A questo libro manca qualcosa, quel quid che ti fa affezionare ai personaggi, immergere nella storia, visualizzare i luoghi.

Dove sono gli elfi?

La prima assenza registrata (prima di quella dei fogliettini segnaposto, prima delle frasi a effetto eccetera) è – ironia della sorte – quella degli elfi. Nonostante il titolo. Nonostante (soprattutto) la bellissima copertina, dominata da una natura selvaggia e lussureggiante, da una donna misteriosa, primitiva e bellissima, una specie di Arwen del Signore degli Anelli. Che delusione! La storia (nonostante il titolo affascinante e l’accattivante sommario in copertina) ha poco a che vedere con il favoloso mondo del fantasy. È invece un giallo ambientato nei boschi dell’Appennino centrale, e gli elfi altro non sono che un pretesto, lo sfondo per l’assassinio su cui indaga Marco Gherardini, ispettore della forestale.

È Guccini a spiegare che gli elfi di cui parla sono degli hippy, raccolti in comunità fondate nel bosco intorno a case abbandonate e prive dei più banali comfort dell’età moderna. Hippy che nel libro vivono di una stentata agricoltura e del baratto, o vendendo cianfrusaglie nelle piazze del paesello. Rifiutano acqua calda ed elettricità ma scroccano interi pacchi di sigarette al forestale (ma ve li immaginate Arwen e Aragorn a buttar cicche nel bosco?). Insomma, l’effetto è un po’ quello che hai quando compri i cornetti “pieni fino alle punte” e poi ti ritrovi con una merendina secca (*l’immagine ha il solo scopo di invogliare all’acquisto presentare il prodotto).

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Caccia all’assassino: la trama di Tempo da elfi

Fatta questa precisazione, andiamo alla trama che, con toni da risvolto di copertina, si può sintetizzare come segue. La pacifica comunità di Casedisopra è sconvolta da un misterioso fatto di sangue: un contadino ritrova il cadavere di un uomo in un dirupo, senza documenti né tracce di lotta. Chi è il morto? E soprattutto, si tratta di un incidente di montagna o di un omicidio? Mentre i poteri forti cercano di archiviare il caso, l’ispettore Marco Gherardini, alias Poiana, si mette sulle tracce dell’assassino. I pochi indizi raccolti lo spingono a cercare il killer all’interno della comunità degli elfi. Tra passeggiate e interrogatori, cercando di penetrare in un gruppo amichevole ma sospettoso, Marco conosce Elena, un’elfa affascinante e ciarliera, che lo aiuta a risolvere il mistero…

Già vi dico che non è uno di quei romanzi in cui la trama vi tiene attaccati al foglio: per metà libro o più il morto rimane una vittima-senza-nome e l’ispettore indaga contro ignoti. Quando finalmente si arriva a ricostruire l’accaduto (dopo una lettura abbastanza piatta, proprio perché sostanzialmente priva di indizi), lo schema movente-occasione pare buttato un po’ a casaccio. Per cui l’unica possibilità di salvare il romanzo rimane quella di avere un protagonista importante: uno che vorresti portarti a braccetto per quanto è geniale, o che prenderesti a cazzotti ogni volta che apre bocca. Ma il nostro Poiana non è né un Poirot né uno Schiavone.

L’ispettore Gherardini

Non che sia un fantasma, Gherardini: curioso e irrequieto, innamorato della montagna e dei sentieri (e infatti trascorre metà libro a librarsi da una cima all’altra a caccia di prove) e delle “cose genuine”. Geloso della sua autonomia e paterno con i sottoposti, ha un suo alone donchisciottesco nel cercare a tutti i costi una verità che, lo sa, il sistema preferirà ignorare. Tuttavia… per un lettore di gialli, abituato a investigatori intensi, istrionici, Poiana rimane un po’ sfumato. Non è in grado di sorreggere un romanzo la cui trama e il cui ritmo presentano diverse carenze.

Giudizio complessivo: con le avvertenze del caso (gli elfi non ci sono!), potete acquistare il volume in una libreria della stazione, dell’aeroporto internazionale. Insomma, se non avete di meglio da fare…

  • Autori: Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli
  • Genere: Giallo
  • Filone: Italiana contemporanea
  • Casa editrice: Giunti
  • Anno di pubblicazione: 2017

4 Commenti

  1. Buona lettura

    Bella recensione 🙂

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    1. Francesca Romana Genoviva (Autore Post)

      Grazie.
      Francesca

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  2. Chiara

    Potresti andare avanti nella trama.. Sei arrivata solo a “mistero…” grazie

    Rispondi
    1. Francesca Romana Genoviva (Autore Post)

      Buonasera Chiara, trattandosi di un giallo non mi sembra il caso di “spoilerare” tutto tutto. Altri lettori della recensione potrebbero infastidirsi a scoprire troppo della storia. Sei interessata alla lettura? Francamente ci sono gialli decisamente più interessanti!

      Rispondi

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