Vedeva la natura di Boccadoro e, malgrado fosse l’opposto della sua, la comprendeva a fondo, perché ne era l’altra metà, la metà perduta.
Come un odierno mito della mela si dipana Narciso e Boccadoro, romanzo di Hermann Hesse, pubblicato nel 1930. A distanza di oltre un millennio dall’elaborazione del Simposio, a essere separati e a cercarsi per una vita non sono le due metà di un unico corpo, i due sessi generati dalla rabbia degli dei. Sono invece due nature opposte e complementari: quella razionale e mistica di Narciso, il monaco; e quella terrena, concreta e passionale di Boccadoro, l’artista.
Convento di Mariabronn, Medioevo. Narciso sta per prendere i voti da monaco: in lui è un autentico trasporto verso la religione e il pensiero astratto, insieme all’abilità di intuire le inclinazioni degli uomini. Il giovane Boccadoro è il suo contrario: stenta negli studi e nelle preghiere, nonostante la disciplina rigida a cui si è votato. Narciso, innamorato di Boccadoro, intravede la sua natura di uomo mondano e lo sprona a lasciare il convento. Qui inizia la vita del Boccadoro vagabondo e dongiovanni, capace di catturare l’amore di qualunque donna, giovane o anziana, bella o no. In grado di trarre il meglio da qualunque forma: un’abilità che ben presto si trasformerà in un’aspirazione all’arte, a sublimare il vissuto in un legno, le esperienze in un’opera…
Narciso e Boccadoro sono due nature superiori: ognuno eccelle nel suo ambito. E se per Narciso il contesto ideale per esprimersi è la vita protetta e statica di Mariabronn, Boccadoro ha bisogno di conoscere il mondo, la sofferenza e l’entusiasmo, la passione e il tradimento, la nascita e la morte. Boccadoro deve sperimentare tutte le sensazioni umane, provare in prima persona cosa vuol dire dare la vita, ma anche assassinare un uomo: solo così riuscirà a comprendere e a raffigurare l’umanità.
Quale può essere il punto di contatto tra due persone così differenti? In un primo momento si direbbe che Narciso, in un certo senso il cervello della coppia, debba guidare Boccadoro; cosa che il monaco fa un lato conducendo il suo beniamino alla scoperta e all’affermazione di sé, dall’altro ammonendolo dal proseguire su una strada (quella del convento e della preghiera) che evidentemente è destinata a ben altre menti, a più nobili e sincere vocazioni.
Il suo compito gli era chiaro: svelare questo segreto a colui che lo portava in sé, liberarlo dalla sua corazza, restituirgli la sua vera natura.
Ma in questa relazione manca un tassello: perché Narciso si sente così attratto da Boccadoro? Perché, nella sua diversità, lo ama e non lo ripudia? Perché gli perdona un’attitudine che in altri monaci punirebbe?
Solitario com’era nella sua superiorità, aveva subito sentito in Boccadoro l’anima affine, benché sembrasse il suo opposto in tutto (…). Ma c’era al di sopra dei contrasti qualcosa che li accomunava: entrambi erano nature superiori.
Lo si comprende solo alla fine del romanzo, nella sua parte più lenta, densa di filosofia. Boccadoro e Narciso, che per tutti sono due esseri superiori, sono invece due incompiuti, estremi a cui manca qualcosa: al monaco manca l’esperienza della vita vera, all’artista manca la capacità di dare un senso complessivo al mondo. E in questa incompiutezza Narciso e Boccadoro sono affini (e si comprende perché sia Boccadoro a portare il nome di un santo, Crisostomo l’eloquente, mentre il monaco ha il nome che nella cultura occidentale significa vanità e incapacità di amare). Affini ma inconciliabili, perché la vita che va bene per uno non funziona per l’altro.
Quasi l’intero romanzo è dedicato a quell’aspetto della vita che la maggior parte di noi conosce meglio – l’azione, la società, le relazioni. E in questa parte l’intreccio si fa anche abbastanza ripetitivo, seguendo uno schema in cui le attività di Boccadoro sono errare/fermarsi/sedurre/ripartire, senza mai trovare un amore vero: non quello sensuale o transitorio, ma una dedizione completa come quella che gli può dare Narciso. Ciò che Hermann Hesse suggerisce (nemmeno tanto velatamente, visto che conclude la narrazione con pagine e pagine di filosofia) è che una vita completa è la sintesi di entrambe le tendenze, al pensiero e all’azione, al concreto e all’astrazione, istinti inscindibili in un essere umano. Una sintesi che a Narciso e Boccadoro è negata: le due nature si accostano e si attraggono ma non riescono mai a compenetrarsi. Ma loro sono gli estremi, le nature superiori. Quanto all’uomo comune, la questione rimane aperta.
- Titolo originale: Narziss und Goldmund
- Autore: Hermann Hesse
- Genere: Romanzo storico (279 pp.)
- Filone: Letteratura tedesca – Classici
- Traduzione: Cristina Baseggio
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2005 (1930)
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