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L’amore segreto di Eleanor Roosevelt: “Due donne alla Casa Bianca”

“Due donne alla Casa Bianca”, di Amy Bloom, racconta l’amore tra Eleanor Roosevelt e la giornalista Lorena Hickok. L’autrice prende le mosse dalla love story per introdurre un lato privato della vita alla White House. Ecco la recensione

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Dopo Beate noi, la scrittrice americana Amy Bloom torna in libreria con Due donne alla Casa Bianca (Fazi editore, 2019), ambientato negli anni Trenta e Quaranta e dedicato all’amore tra la First Lady Eleanor Roosevelt e la giornalista Lorena Hickok.

All’inizio del romanzo, la relazione è già finita da un pezzo: tutto il libro è segnato da una profonda nostalgia, dall’amarezza per un tempo – quello del corteggiamento, della passione, dei viaggi romantici e delle fughe precipitose alle prime luci dell’alba – che non ritornerà più.

Non c’è amore come il vecchio amore.

Già la prima scena di Due donne alla Casa Bianca si presenta in toni seppia: è il 1945, l’ex presidente Franklin Delano è appena deceduto, l’America piange un padre piuttosto controverso. Eleanor Roosevelt, ormai sessantenne, appare in una veste tutt’altro che presidenziale, «bianca come un foglio di carta», occhiaie rosse, vestita di un «cappotto nero polveroso» che le sta enorme, «le calze in filo di Scozia sono allentate».

Dall’altra parte c’è Lorena, resa iperattiva dall’emozione. «Ho fatto del mio meglio con i fiori… Ho dato una rassettata… Ho preso i limoni», ci racconta la giornalista. Sarà lei la voce narrante di tutta la storia, lei condurrà il lettore avanti e indietro nel tempo, seguendo il flusso dei suoi ricordi.

Mi ha mandata via otto anni fa, e io me ne sono andata. Due giorni fa mi ha detto di tornare, e sono tornata.

Eleanor Roosevelt e Lorena Hickok

Nel racconto di Hickok, le due protagoniste non potrebbero essere più diverse: alle piccole ansie della vita in società della giovane Eleanor si contrappone una storia di violenze e miseria per Lorena, costretta a inventarsi una vita e a ricominciare tante volte, prima di arrivare a lavorare alla Casa Bianca. Nonostante le differenze, bastano una manciata di incontri e qualche allusione intrigante (il tempo di un viaggio in treno) per far scattare la scintilla tra le due donne: ben presto Lorena abbandona le vesti della reporter a caccia di scoop per diventare l’amante della First Lady.

Un’amante non ufficiale, ovviamente (siamo ancora nell’epoca in cui una relazione omosessuale è considerata “contro natura“), ma nemmeno così segreta: Lorena vive alla Casa Bianca, frequenta gli appartamenti privati di Eleanor e viaggia con lei. La loro relazione è tollerata perché può spacciarsi per una solida amicizia. Il patto è che non venga a galla, proprio come le tanti amanti di Franklin Roosevelt.

Vita privata di Franklin Delano Roosevelt

A proposito del Presidente, la sua figura è sempre presente sullo sfondo del racconto: passa da una scena all’altra prima in poltrona, con un’avvenente segretaria seduta sul bracciolo, più tardi sulla sedia a rotelle, a causa di quella che all’epoca fu scambiata per polio. Il ritratto di Roosevelt fatto da Lorena non è certo quello di un uomo piacevole: per tutta la sua vita rimane una personalità difficile da interpretare, odiosa a tratti ma allo stesso tempo attraente. La sua lunga presidenza, tra New Deal e Seconda Guerra Mondiale, è tra le più significative della storia americana.

Harry Truman era un uomo per bene, ma non si sarebbe certo scolato un brandy alle due di notte con Winston Churchill, cantando a squarciagola Marching Through Georgia (…). Bess Truman non sarebbe comparsa in un filmino di famiglia nelle vesti di una fanciulla vittoriana impegnata in una seppur morigerata lotta per sfuggire a perfidi pirati.

La fine dell’epoca Roosevelt è uno spartiacque per tutto il continente. Lorena lo descrive così:

Franklin era stato un pessimo marito, un amico snervante, il mio rivale e il mio presidente. Gli avevo dato un bacio, la sera di un suo compleanno, e lui mi aveva tenuto la mano, stringendola forte, e per quel minuto fui innamorata di lui come chiunque altro.

Anche Eleanor, in fondo, è una First Lady sui generis. Anche lei, come il marito, ha un carattere difficile, per non parlare dell’ambiguità capricciosa con cui tratta l’amante.

Lei ti si avvicinava. Inclinava la testa vicino alla tua e rallentava, ascoltava. (…) Per un attimo non ti guardava, come se stesse pensando a tutto fuorché a ciò che le raccontavi. Se avevi un’esitazione (…), lei ti si faceva vicina, come se non sopportasse che proprio in quel momento tu potessi voltarle le spalle.

La White House a riflettori spenti

Amy Bloom prende le mosse dalla love story tra Hickok e Roosevelt per introdurre un lato privato della vita presidenziale: il lettore, preso per mano dalla voce narrante, attraversa la Casa Bianca quando i fotografi sono usciti e i camerieri sono a letto. E incontra Eleanor che, nella sua stanza da letto, attende l’arrivo di Lorena, F. D. che riflette in poltrona con un bicchiere in mano, e i parenti sempre con una richiesta da sussurrare all’orecchio dei potenti, e le ex amanti abbandonate alla loro sofferenza. Nei corridoi in penombra oppure nascosto dietro una porta, il lettore può scoprire la vita segreta delle persone più in vista al mondo: vera o verosimile che sia, il viaggio è affascinante.

  • Titolo originale: White Houses
  • Autore: Amy Bloom
  • Traduzione: Giacomo Cuva
  • Genere: Romanzo (pp. 252)
  • Filone: Letteratura americana
  • Casa editrice: Fazi editore
  • Anno di pubblicazione: 2019

Questa recensione è stata scritta per Critica Letteraria

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